13 maggio 2023

Riforme istituzionali e compiti dei rivoluzionari


“Voglio stabilità!” tuona Giorgia Meloni aprendo l’iter delle controriforme istituzionali che spazia in un largo ventaglio di misure: presidenzialismo, premierato, autonomia differenziata; tanto per cominciare. 
Perentorio poi il tono dell’invito al “dialogo” alle opposizioni, mentre Renzi e Calenda garantiscono la loro disponibilità sul premierato. 
 
Per il PCL la linea delle riforme non è solo frutto di una base genetica di una destra brutta e cattiva; costitutivamente antidemocratica. Non c’è solo questo.
In realtà Giorgia Meloni è consapevole delle contraddizioni profonde che caratterizzano gli attuali assetti politici: il primato della destra in effetti si regge su un quadro economico di grandi difficoltà che cadono non solo sulle masse proletarie ma anche su quegli stessi settori di media e, soprattutto, piccola borghesia che oggi sono la base di massa dello stesso governo postfascista ma che, domani, potrebbero cambiare orientamento.
In più un astensionismo straripante, soprattutto nel Sud, che si configura come una profonda incognita per il futuro.
 
A ciò si aggiungono le dinamiche internazionali, che vedono non solo un orizzonte mondiale per gli scontri tra imperialismi nuovi (Russia e Cina) e vecchi (USA, UE, Giappone) ma la stessa Unione Europea lacerata da conflitti non irrilevanti, con lo scontro tra Italia e Francia su Africa e migranti.
 
Meloni cerca di ricomporre attorno a sé un blocco sicuro conciliando le istanze decisioniste della grande borghesia, con il presidenzialismo, e la pancia dalle voglie materiali di piccola e media borghesia con autonomia differenziata, cuneo fiscale, flat tax e quant’altro.
 
La “sinistra”, che già ha aperto la strada delle controriforme (si veda il ruolo di PD e 5 Stelle sulla riforma dell’articolo 5 della Costituzione, sulle leggi elettorali e altro), declina l’invito al dialogo ma non ha una credibile proposta alternativa.
 
In realtà le involuzioni antidemocratiche in atto testimoniano una crisi profonda dell’ordine borghese. Solo la scesa in campo del proletariato su una linea di mobilitazione propria di un programma transitorio verso il socialismo e il governo dei lavoratori può fermare la marcia verso il baratro. Il PCL ribadisce l’invito lanciato il 25 aprile a tutta la sinistra reale a un momento di riflessione comune su questi temi.

Pino Siclari

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