“Voglio stabilità!” tuona Giorgia Meloni aprendo l’iter
delle controriforme istituzionali che spazia in un largo ventaglio di misure:
presidenzialismo, premierato, autonomia differenziata; tanto per cominciare.
Perentorio poi il tono dell’invito al “dialogo”
alle opposizioni, mentre Renzi e Calenda garantiscono la loro disponibilità sul
premierato.
Per il PCL la linea delle riforme non è solo
frutto di una base genetica di una destra brutta e cattiva; costitutivamente
antidemocratica. Non c’è solo questo.
In realtà Giorgia Meloni è consapevole delle
contraddizioni profonde che caratterizzano gli attuali assetti politici: il
primato della destra in effetti si regge su un quadro economico di grandi
difficoltà che cadono non solo sulle masse proletarie ma anche su quegli stessi
settori di media e, soprattutto, piccola borghesia che oggi sono la base di
massa dello stesso governo postfascista ma che, domani, potrebbero cambiare
orientamento.
In più un astensionismo straripante, soprattutto nel Sud, che si configura come una profonda incognita per il futuro.
In più un astensionismo straripante, soprattutto nel Sud, che si configura come una profonda incognita per il futuro.
A ciò si aggiungono le dinamiche internazionali, che vedono non solo un
orizzonte mondiale per gli scontri tra imperialismi nuovi (Russia e Cina) e
vecchi (USA, UE, Giappone) ma la stessa Unione Europea lacerata da conflitti
non irrilevanti, con lo scontro tra Italia e Francia su Africa e migranti.
Meloni cerca di ricomporre attorno a sé un blocco
sicuro conciliando le istanze decisioniste della grande borghesia, con il
presidenzialismo, e la pancia dalle voglie materiali di piccola e media
borghesia con autonomia differenziata, cuneo fiscale, flat tax e quant’altro.
La “sinistra”, che già ha aperto la strada delle
controriforme (si veda il ruolo di PD e 5 Stelle sulla riforma dell’articolo 5
della Costituzione, sulle leggi elettorali e altro), declina l’invito al
dialogo ma non ha una credibile proposta alternativa.
In realtà le involuzioni antidemocratiche in atto
testimoniano una crisi profonda dell’ordine borghese. Solo la scesa in campo
del proletariato su una linea di mobilitazione propria di un programma
transitorio verso il socialismo e il governo dei lavoratori può fermare la
marcia verso il baratro. Il PCL ribadisce l’invito lanciato il 25 aprile a
tutta la sinistra reale a un momento di riflessione comune su questi temi.
Pino Siclari
https://www.facebook.com/pcl.reggiocalabria