26 dicembre 2023

È uscito il nuovo numero di Marxismo Rivoluzionario

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In questo numero: 

Per una Palestina libera, laica e socialista in una Federazione socialista del Medio Oriente  

Tesi sulla questione palestinese  

Risoluzione sulla Palestina. Adottata dal Comitato di Coordinamento Internazionale dell'Opposizione Trotskista Internazionale  

Al fianco della resistenza palestinese - Federico Bacchiocchi

La situazione politica italiana a un anno dall’insediamento del governo Meloni - Marco Ferrando  

A ottant'anni dalla morte di Pietro Tresso (Blasco) - Franco Grisolia  

L'Opposizione di sinistra 1923-1933 - Eugenio Gemmo

 

Partito Comunista dei Lavoratori

pclavoratori.it

reggiocalabriapcl@gmail.com

 

 

13 dicembre 2023

Il ballottaggio e il dibattito nel FIT-U

Pubblichiamo qui la risposta fornita dal compagno Sorans, dirigente di Izquierda Socialista argentina (sezione argentina della UIT), componente del Frente de Izquierda - Unidad (FIT-U), alle critiche delle altre organizzazioni del FIT-U circa l'appoggio elettorale critico a Massa contro Milei da parte di IS in occasione del recente ballottaggio elettorale. Il testo è stato pubblicato poco prima del ballottaggio. Ci pare una risposta metodologicamente corretta.

Come PCL, e come Opposizione Trotskista Internazionale, abbiamo avuto e abbiamo numerose divergenze con la UIT e i suoi posizionamenti internazionali. Come nel caso del sostegno espresso alla rivolta di Piazza Maidan in Ucraina nel 2014, o dell'appoggio fornito alle mobilitazioni contro Maduro in Venezuela. Movimenti reazionari presentati come progressivi, nel quadro di una visione tendenzialmente esaltativa della loro presunta dinamica. Sul terreno della lotta di classe in Argentina a più riprese abbiamo assunto come riferimento la linea di intervento del Partito Obrero, anche in occasione di sue polemiche con IS.

Nel caso invece dell'indicazione di voto al ballottaggio Massa-Milei, abbiamo condiviso la posizione espressa da Izquierda Socialista e gli argomenti con cui è stata difesa: che rivendicano la piena autonomia politica e programmatica dei marxisti rivoluzionari dal peronismo e l'opposizione intransigente ai suoi governi ma al tempo stesso sottolineano l'importanza di una contrapposizione frontale, anche sul terreno elettorale, alla minaccia ultrareazionaria rappresentata da Milei, anche quale forma di relazione con la base proletaria peronista in funzione della lotta per la sua conquista, che resta la necessità strategica decisiva per il marxismo rivoluzionario argentino. In particolare gli argomenti di Sorans chiariscono che in una logica leninista e trotskista l'appoggio elettorale critico, tanto più in un secondo turno elettorale, non ha nulla a che vedere con un appoggio politico, sempre inammissibile in linea di principio.

Come ricordava Lenin in L’estremismo: «I bolscevichi hanno propugnato metodicamente l’alleanza tra la classe operaia e i contadini contro la borghesia liberale e lo zarismo, senza mai rinunciare ad appoggiare la borghesia contro lo zarismo (per esempio nelle elezioni di secondo grado o nei ballottaggi)».

In ogni caso cogliamo l'occasione per ribadire che le divergenze tattiche tra le organizzazioni trotskiste del FIT-U dovrebbero essere affrontate e risolte all'interno di una comune organizzazione rivoluzionaria sulla base del centralismo democratico leninista. Stante una comune base programmatica di fondo (“obreros al poder”), l'unificazione delle organizzazioni del FIT-U in un comune partito ci pare al tempo stesso una necessità politica e un'opportunità straordinaria. Tanto più nel nuovo scenario politico argentino. 

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IL BALLOTTAGGIO E IL DIBATTITO NEL FIT-U

A seguito del ballottaggio, si è aperto un dibattito tra i partiti che compongono il FIT-Unidad. Non era intenzione di Izquierda Socialista entrare nella polemica sulle tattiche che ogni organizzazione ha assunto per la tornata elettorale. Ma viste le critiche pubbliche a IS da parte del PTS, del PO e del MST (1), per la nostra posizione di votare, con appoggio critico, Massa per cercare di impedire un trionfo dell'estrema destra di Milei, siamo obbligati a rispondere per provare a chiarire tra coloro che leggono le diverse pubblicazioni della sinistra.

Izquierda Socialista spinge per un voto critico nei confronti di Massa, ma rispetta le diversità delle scelte tattiche dei vari componenti del FIT-U sul ballottaggio.

Sappiamo che molti compagni simpatizzanti del FIT-U e della sinistra, logicamente, temono che questo tipo di dibattito possa deteriorare l'unità del fronte. Ma tali dibattiti sono all'ordine del giorno, da quando il FIT è stato fondato dodici anni fa. Ce ne sono stati alcuni e molto duri, per esempio, durante le PASO (2). Izquierda Socialista rispetta la diversità che esiste nel FIT-U, così come i suoi dibattiti, e crediamo che dobbiamo sempre affrontarli in maniera tale da rafforzare il fronte. Abbiamo una solida unità con un programma rivoluzionario strategico nella lotta per un governo della classe operaia, ma abbiamo molteplici differenze politiche e criteri, incluso il modo in cui affrontare i dibattiti.

Come Izquierda Socialista, ad esempio, non crediamo sia molto positivo che, a causa della differenza di tattica elettorale in un ballottaggio, che si tratti di un voto critico o di una scheda bianca, vengano utilizzati termini come "opportunista". Ma ognuno fa i dibattiti come meglio crede. Da parte nostra, non ci è passato per la testa di definire che chi sia favorevole alla scheda bianca o all'astensione, tra Milei e Massa, è un "settario" o di definirlo in altro modo. Nel nostro comunicato del 6 novembre 2023 diciamo chiaramente che rispettiamo quella posizione: «Anche se non la condividiamo, né è una nostra proposta, rispettiamo come alternativa al rifiuto dell'estremista di destra Milei il voto bianco, nullo o l'astensione». Riaffermiamo anche, con orgoglio, che dopo dieci giorni di intenso scambio interno, quando abbiamo adottato la tattica del voto critico, abbiamo anche democraticamente deciso di autorizzare i compagni che non erano d'accordo con la posizione dell'ampia maggioranza ad esprimere il proprio approccio al voto del secondo turno.

È molto sbagliato accusare Izquierda Socialista di "sbandamento", di "opportunismo" o di voler "abbellire Massa".

Guillo Pistonesi, leader del PTS, ha scritto una nota parlando dello "slittamento" di IS, e che "solo di sfuggita si parla di Sergio Massa e del suo sostegno a Israele" (Izquierda Diario, 16/11/2023). Guillermo Pacagnini, leader del MST, si spinge a dire che "le posizioni opportuniste come quelle di IS che seminano aspettative a Massa..." (Periodismo de Izquierda 13/11/2023).

Sia le considerazioni del PTS che quelle del MST sono false. IS né menziona "di sfuggita" Massa, il suo governo padronale le sue posizioni filo-imperialiste e filo-sioniste, né "semina aspettative in Massa". Tutt'altro. Chiariamo il significato del voto critico nei confronti di Massa. Basta riascoltare le dichiarazioni di "Pollo" Sobrero o di Giordano (3), così come leggere il nostro comunicato pubblico per sapere che denunciamo permanentemente Massa e il suo governo di austerità e non smettiamo di farlo nemmeno per un secondo. Non è "di passaggio" che denunciamo Massa. Il nostro comunicato inizia denunciando Massa: «La prima cosa che vogliamo sottolineare è che questa è una competizione tra due candidati padroni che, con i loro diversi progetti e differenze, rappresentano i grandi imprenditori, le banche, le multinazionali e il Fondo Monetario Internazionale. Queste sono due variabili della manovra di austerità capitalista. Uno, Sergio Massa, che la sta già applicando dal governo di cui lui stesso fa parte, insieme ad Alberto e Cristina Fernández, spalleggiati dalla burocrazia sindacale. L'altro, l'estrema destra di Milei, che non smette di annunciarla con il suo piano "motosega" contro i lavoratori. Ecco perché diciamo che chiunque vinca, ci sarà una maggiore austerità e una resa al FMI, che affrontiamo fin da ora». Siamo stati chiari e forti sul significato del voto critico nei confronti di Massa: «Non significa un endorsement o sostegno politico. Lo facciamo in base a una politica di indipendenza di classe. È un voto non per sostenere l'attuale governo padronale e di austerità, né la sua politica di avallo del genocidio israeliano contro il popolo palestinese a Gaza, come abbiamo denunciato. È un voto con il naso tappato che accompagna milioni di persone per cercare di impedire di avere un governo di ultradestra del fascista Milei dal 10 dicembre" (Dichiarazione di Izquierda Socialista, 6/11/2023, izquierdasocialista.org). Questo è stato chiarito da tutti i giornalisti quando hanno diffuso la notizia della nostra proposta, dicendo che lo stavamo facendo con un addendum, "criticamente", cioè senza dare alcun sostegno o avallo a questo governo o al prossimo.

I voti critici del PTS, del PO e del MST a varianti padronali in altri paesi non hanno "messo in discussione" l'indipendenza di classe?

Il compagno Pistonesi dice, a nome del PTS, che il voto critico di Izquierda Socialista per Massa "mette in discussione l'indipendenza politica" del FIT-U. La stessa critica viene fatta dal PO, nell'articolo di Pablo Giachello su Prensa Obrera (13/11/2023) dal titolo "Un colpo alla lotta per l'indipendenza politica dei lavoratori". La stessa definizione è ripetuta dal MST nella nota sopra citata.

Vogliono stabilire che IS romperebbe con un principio del FIT, ma niente è più lontano dalla verità. Chiariamo ancora una volta che si tratta di una tattica elettorale (non "di principio") che, in alcune occasioni, i rivoluzionari hanno usato.

Ciò che è contraddittorio e sorprendente è che sia il PTS che il PO che il MST, con i loro partiti o gruppi alleati, hanno adottato questa tattica elettorale in varie elezioni in America Latina.

Il PO riconosce nella sua dichiarazione sul ballottaggio: "siamo stati per il voto a Boric, Castillo, a Petro o al MAS in Bolivia". Ha omesso di aggiungere che, come il PTS e il MST, tutti hanno sostenuto il voto critico per il candidato del PT Fernando Haddad e i suoi alleati padronali contro Bolsonaro nel 2018.

Siamo d'accordo con queste tattiche di "voto critico". Anche la nostra organizzazione internazionale, UIT-CI (4), ha promosso alcuni di questi voti critici. Soprattutto nel caso di Haddad contro Bolsonaro. Ma è importante chiarire ai militanti che si tratta di voti critici per candidati di formule borghesi contro varianti di estrema destra simili a quella di Milei. Vediamo come l'MRT del Brasile, partito alleato del PTS, l'ha formulata: "Abbiamo lanciato il voto critico per Haddad senza dare alcun sostegno politico al PT, poiché non condividiamo la sua strategia di conciliazione di classe" (Flavia Valle e Maíra Machado, insegnanti e attiviste del MRT, 17/10/2018, Izquierda Diario Brasil). Parola più, parola meno, è simile alla formulazione del voto critico di Izquierda Socialista per Massa.

Quindi, se il voto critico viene applicato dal PTS, dal PO e dal MST, l'indipendenza politica di classe non è "in discussione"? Ma se invece lo applica Izquierda Socialista, è in discussione? Non regge alla minima analisi. Questa è un'altra delle incoerenze di PTS, PO e MST.

Non siamo d'accordo con la visione di PTS, PO e MST secondo cui non importa se Milei vince. Per questo motivo abbiamo fatto appello voto critico a Massa.

I compagni delle direzioni del PTS, del PO e del MST sin ingarbugliano nel giustificare il loro voto confuso, che in realtà è un né né: né Milei né Massa, sostenendo che una vittoria di Milei non porterebbe a "un regime fascista". Secondo il compagno Pistonesi/PTS: "Izquierda Socialista cerca di giustificare l'invito a votare per Massa insinuando che con Milei ci sarebbe un cambio di regime, una sorta di colpo di Stato realizzato con mezzi elettorali. E il governo di unità nazionale con la destra che l'attuale ministro promuove sarebbe la diga di contenimento per evitarlo, invece di un appello al fronte unico dei lavoratori perché li colpisca con la lotta insieme, come un pugno solo, ma mantenendo l'indipendenza politica, senza mischiare bandiere che invitano a votare per un rappresentante diretto dei padroni come Sergio Massa".

Ci sono parecchie cose da chiarire qui, poiché Pistonesi falsifica e distorce la posizione di Izquierda Socialista. Da nessuna parte IS ha scritto o detto, tanto meno "sottintende", che se Milei vincesse ci sarebbe "un cambio di regime" con "una sorta di colpo di Stato". E meno che meno IS ha scritto che "il governo di unità nazionale" di Massa "sarebbe la diga di contenimento" per cui IS chiede di "votare per un rappresentante diretto dei padroni come Sergio Massa". È tutto inventato da Pistonesi.

Non riteniamo che un'eventuale vittoria elettorale di Milei significhi automaticamente un "golpe" o il "passaggio a un regime fascista", nel senso che il giorno dopo tutte le libertà democratiche vengano abrogate, il parlamento venga chiuso, i partiti politici vietati, il diritto di sciopero annullato e migliaia di persone imprigionate. In altre parole, che ci sia una controrivoluzione fascista. Ma il PTS, il PO e il MST pensano che non importi che i fascisti di Milei e Villarruel possano governare il paese? Non ci vuole l'arrivo di "un golpe" fascista perché un governo di estrema destra cerchi di attuare misure come, ad esempio, la grazia alle vittime del genocidio (5), la privatizzazione dell'istruzione, della sanità o dei treni, l'annullamento del diritto all'aborto legale, la chiusura di ministeri e migliaia di disoccupati per le strade, o la repressione delle marce operaie e dei piqueteros per le loro rivendicazioni. Questo è ciò che pescepiscono milioni di lavoratori, donne, dissidenti, giovani, piqueteros, studenti di scuole o università pubbliche, ed è per questo che voteranno con il naso tappato per Massa, per cercare di impedire che il fascista di Milei raggiunga il governo. Niente di più semplice.

Questo è ciò che PTS, PO e MST negano, al punto di minimizzare il pericolo rappresentato da un possibile governo Milei-Villarruel. Pistonesi (PTS) è il più chiaro. Si spinge fino a dire che "oggi La Libertad Avanza (6) è una corrente politica con un pochissimi militanti, che non ha nemmeno la capacità di affrontare efficientemente gli adempimenti del processo elettorale". In altre parole, non ci sarebbe nulla di cui preoccuparsi.

La miopia e la confusione politica del PTS, del PO e del MST sono impressionanti. Bolsonaro in Brasile, tra il 2018 e il 2022, non ha prodotto un "passaggio a un regime fascista", i partiti politici non sono stati vietati né sono state vietate tutte le libertà democratiche o il diritto di sciopero. Ma Bolsonaro era ed è di ultradestra, fascista, e il suo governo reazionario ha agito contro le masse e i loro diritti. A causa del suo negazionismo della pandemia di Covid e della sua opposizione ai vaccini, centinaia di migliaia di persone sono morte in Brasile. Bolsonaro ha perseguitato e limitato i diritti dei lavoratori, delle donne, dei dissidenti e del movimento antirazzista afrodiscendente. E quando ha perso le elezioni nel 2022, ha cercato di organizzare un colpo di Stato, che è fallito.

Pistonesi vuole dipingersi come "combattivo" e accusa falsamente IS di voler combattere l'estrema destra solo con un "voto critico" e non con "la lotta unitaria, come un solo pugno". Ci dispiace che insinui un'altra calunnia e falsificazione. Izquierda Socialista ha sempre fatto appello alla mobilitazione contro le azioni o gli attacchi fascisti, come nel caso dell'attacco alla nostra sede di La Plata o a quelle di altri partiti di sinistra. O come abbiamo fatto partecipando alla marcia unitaria antirepressiva del 9 novembre insieme a Encuentro Memoria, Verdad y Justicia cui partecipiamo con il FIT-U, e a innumerevoli organizzazioni contro la criminalizzazione della protesta portata avanti dall'attuale governo peronista e minacciata in futuro da Milei.

Pistonesi parla molto nel suo articolo del Brasile e dell'ascesa di Bolsonaro, ma nasconde o dimentica di menzionare che il PTS in Brasile con il suo partito alleato, l'MRT, ha usato la tattica del "voto critico" per il candidato Haddad e i suoi alleati padronali contro Bolsonaro nelle elezioni del 2018. Allora dissero che "condividendo l'odio e la volontà di lotta di tutti i lavoratori e i giovani che vogliono sconfiggere Bolsonaro, accompagniamo il loro voto alle urne e votiamo criticamente Haddad" (Diario Brasil, 17/10/2018). Qualcosa di simile a quello che diciamo noi di IS: accompagniamo i milioni di lavoratori e giovani che vogliono sconfiggere l'arrivo dell'estrema destra di Milei con un voto critico per Massa senza dargli sostegno politico.

In altre parole, in Brasile, il PTS ha usato il voto per "sconfiggere" l'arrivo di un governo di estrema destra. Tuttavia, Pistonesi sembra usare la massima: "fai quello che ti dico e non quello che faccio".

Il Brasile e l'Argentina hanno somiglianze politiche. Milei e l'estrema destra sono cresciuti in Argentina non solo perché Massa ha messo insieme i loro sostenitori. È cresciuta fondamentalmente a causa del disastro economico e sociale a cui ci hanno portato i governi padronali che hanno colpito con le loro manovre economiche i lavoratori. Bolsonaro è salito al potere dopo dodici anni di austerità da parte del governo del PT. Otto anni di governo Lula con l'uomo d'affari Alencar e quattro anni di Dilma Rousseff con il liberale Temer come vicepresidente. Purtroppo, l'odio popolare nei confronti di Lula e Dilma, come nel caso del governo peronista di Alberto, Cristina Fernández e Massa, porta alla confusione di milioni di persone, che votano per l'estrema destra.

Chiunque vinca il ballottaggio, IS e il FIT-U continueranno ad affrontare i piani di sempre maggiore austerità e la resa al Fondo Monetario Internazionale.

Siamo già alla vigilia del ballottaggio. Si spera che il dibattito all'interno del FIT-U e con migliaia di simpatizzanti della sinistra – molti elettori di Myriam Bregman al primo turno – che dicono no a Milei e si apprestano a votare con il naso tappato per Massa, possa aiutare le direzioni di PTS, PO e MST a riflettere.

L'importante è che, come abbiamo detto nella nostra dichiarazione del 6 novembre: "chiunque vinca, seguirà una maggiore austerità e una resa al Fondo Monetario, che affronteremo fin d'ora, proponendo come abbiamo fatto con il FIT-U una soluzione opposta: la rottura con il FMI, il no al pagamento del debito, un piano economico operaio e popolare e un governo operaio insieme alla sinistra".

Questo è ciò che è fondamentale per Izquierda Socialista. Al di là delle varie tattiche elettorali che si sono scelte all'interno del FIT-U, abbiamo la ferma convinzione che il FIT-U uscirà unito, come è accaduto in altre occasioni, per affrontare il governo che emergerà il 19 novembre, sia esso di Massa o di Milei.

In questo senso, ribadiamo quanto affermato nella nostra dichiarazione del 6 novembre: "Al di là di come si esprimerà il voto contro l'estrema destra Milei il 19 novembre, l'importante è che ci assumiamo l'impegno di continuare a promuovere le lotte operaie e popolari nell'unità, per affrontare le ancor maggiori misure antioperaie che sta arrivando, dell'attuale governo o del prossimo. Izquierda Socialista nel FIT-U promuoverà la più grande unità per sostenere questa lotta, nelle strade e nel Congresso, lottando per una soluzione operaia e socialista insieme al FIT-U. Chiamando a rafforzare un'alternativa politica indipendente dei lavoratori e della sinistra attraverso la costruzione di IS e del FIT-U, il grande strumento dell'unità della sinistra che abbiamo conquistato".

17/11/2023



(1) Partido de los Trabajadores Socialistas, Partido Obrero, Movimiento Socialista de los Trabajadores

(2) Elezioni primarie argentine

(3) Dirigenti di Izquierda Socialista

(4) Unidad Internacional de los Trabajadores - Cuarta Internacional

(5) L'autore si riferisce alle uccisioni della dittatura militare argentina di Videla fra il 1976 e il 1983

(6) La coalizione politica del candidato eletto Javier Milei

 

Miguel Sorans

 

 

 

 

30 novembre 2023

Per una Palestina libera, laica e socialista. In un Medio Oriente socialista

Oggi noi compagni del PCL eravamo al liceo scientifico L. da Vinci di Reggio Calabria per l'attività di volantinaggio a sostegno del popolo palestinese.

  • Per la fine dell’assedio e del massacro di Gaza
  • Al fianco della resistenza palestinese
  • Per la liberazione della Palestina e la distruzione rivoluzionaria dello Stato di Israele
  • Per una Palestina libera, laica e socialista nell’ambito di una Federazione socialista del Medio Oriente

 



 

 

 

 

 

 

 

 

Partecipa al dibattito con Marco Ferrando, portavoce nazionale del PCL.

Ti aspettiamo

📆 Venerdì 1 Dicembre, ore 17:00 👈 

📖 libreria Spazio Open

🌍 Via dei Filipiini 25, Reggio Calabria

 

Leggi il testo del volantino distribuito: ✊

 

PER UNA PALESTINA LIBERA, LAICA E SOCIALISTA

In un Medio Oriente socialista

Non c’è soluzione della questione palestinese senza la distruzione rivoluzionaria dello Stato sionista

In queste ore si susseguono i bombardamenti sulla popolazione civile di Gaza. Non vengono risparmiati luoghi di culto, scuole ed ospedali, dove cercano un disperato rifugio soprattutto bambini e donne. Un massacro. Ma forse l’aspetto ancora più disumano è l’assedio totale, di stampo medievale, dichiarato dal governo israeliano ad un territorio in cui vivono oltre due milioni di persone. Centinaia di migliaia sono i cittadini costretti a scappare di casa per non fare più ritorno. È una nuova catastrofe per il popolo palestinese, una nuova Nakba, paragonabile a quella del 1948.

Innanzitutto, è necessario fermare questo genocidio. Il popolo palestinese sia a Gaza che in Cisgiordania sta resistendo. Lo sta facendo da anni, sia con le mobilitazioni di piazza che con le armi. Il Partito Comunista dei Lavoratori, sezione italiana della Opposizione Trotskista Internazionale (OTI), è incondizionatamente al fianco di questa resistenza, seguendo la tradizione sempre propria del trotskismo, che nel 1948 fu l’unica corrente del movimento operaio internazionale che si pronunciò contro la nascita dello Stato di Israele, mentre tutte le altre, in particolare gli stalinisti, sostennero apertamente lo Stato coloniale sionista contro il popolo arabo.

Lo Stato d’Israele si fa forte del sostegno delle potenze “democratiche” d’Occidente. Un sostegno politico, economico, militare. Lo stesso sostegno che già viene offerto alla prossima annunciata invasione di terra. Lo stesso sostegno di cui Israele ha goduto nei 75 anni di occupazione della Palestina.

Lo Stato d’Israele non si tocca. Questa è la sintesi della diplomazia mondiale, ma anche della pubblica informazione. Noi abbiamo denunciato da sempre la natura reazionaria di Hamas e le sue azioni contro i civili. Ma un conto è criticare Hamas dentro il campo della resistenza palestinese, un altro è usare cinicamente l’azione di Hamas per coprire i crimini del sionismo contro i palestinesi e la loro resistenza. L’assimilazione di antisionismo e antisemitismo è assunta come clava nel dibattito pubblico, come forma di intimidazione verso il sostegno alla Palestina, come scudo protettivo dei crimini d’Israele. Due popoli, due Stati dicono i benpensanti, ma dove dovrebbe situarsi uno Stato palestinese a fianco dell’intoccabile Israele? Basta porre questa domanda elementare per diradare la nuvola di fumo. Oggi la Cisgiordania è occupata da settecentomila coloni israeliani armati che, impuniti e protetti dalle truppe, organizzano spedizioni squadristiche contro i contadini palestinesi. Gaza è sotto un assedio genocida. Dunque, chiediamo ancora: dove dovrebbe situarsi un fantomatico Stato palestinese rispettoso dello Stato d’Israele? In quale sgabuzzino dovrebbe rassegnarsi a vivere?

Solo una Palestina libera dal sionismo, una Palestina laica, una Palestina socialista, può realizzare l’autodeterminazione del popolo palestinese, a cominciare dal diritto al ritorno di milioni di palestinesi cacciati dalla propria terra fin dal 1948. Solo questa Palestina, riconoscendo i diritti nazionali della minoranza ebraica, può consentire la pacifica convivenza di arabi ed ebrei.

Le grandi mobilitazioni delle masse arabe in questi giorni, in Algeria, in Egitto, in Tunisia, e soprattutto in Giordania e in Iraq, ci dicono che la grande maggioranza della popolazione araba supporta la lotta palestinese come una propria ragione di liberazione e di riscatto. Sviluppare ed estendere la ribellione araba a fianco del popolo palestinese, guadagnarla ad una prospettiva antimperialista e antisionista, è il compito dei marxisti rivoluzionari palestinesi e arabi. Estendere al massimo la mobilitazione al fianco del popolo palestinese a livello mondiale è il compito urgente dei marxisti rivoluzionari di tutto il mondo.

·        Per la fine dell’assedio e del massacro di Gaza

·        Al fianco della resistenza palestinese

·        Per la liberazione della Palestina e la distruzione rivoluzionaria dello Stato di Israele

·        Per una Palestina libera, laica e socialista nell’ambito di una Federazione socialista del Medio Oriente

 

Partito Comunista dei Lavoratori

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28 novembre 2023

Non c'è soluzione della questione palestinese senza il superamento dello Stato di Israele

Dibattito con Marco Ferrando, portavoce nazionale del PCL

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In queste e nelle prossime settimane le sezioni del PCL sono impegnate nell'organizzazione di iniziative di solidarietà con il popolo palestinese, a partire dalla promozione di assemblee e dibattiti su ciò che sta accadendo a Gaza da quasi due mesi e sulle radici della situazione odierna, alla luce della storica e coraggiosa lotta pluridecennale del popolo palestinese contro l'oppressione sioniste e l'imperialismo.

"Due popoli, due Stati” dicono i benpensanti. Ma dove dovrebbe situarsi uno Stato palestinese a fianco dell’intoccabile Israele? Basta porre questa domanda elementare per diradare la nuvola di fumo. Oggi la Cisgiordania è occupata da settecentomila coloni israeliani armati che, impuniti e protetti dalle truppe, organizzano spedizioni squadristiche contro i contadini palestinesi. Gaza è sotto un assedio genocida. Dunque, chiediamo ancora: dove dovrebbe situarsi un fantomatico Stato palestinese rispettoso dello Stato d’Israele? In quale sgabuzzino dovrebbe rassegnarsi a vivere?

Ti aspettiamo!

📆 Venerdì 1 Dicembre, ore 17:00 👈 

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🌍 Via dei Filipiini 25, Reggio Calabria

 

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23 novembre 2023

Comunicato del PCL sulla manifestazione contro la guerra e tutte le guerre del 24 novembre

Cari amic@ e car@ compagn@ non possiamo sottoscrivere il vostro appello (MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA CONTRO TUTTE LE GUERRE) anche se ne apprezziamo l’intento, non possiamo firmarlo per un insieme di ragioni che qui sotto riporteremo ma parteciperemo alla vostra iniziativa che reputiamo essenziale al fine di sensibilizzare la città di Reggio Calabria sul tema della guerra, 

Lo Stato d’Israele si fa forte del sostegno delle potenze “democratiche” d’Occidente.

Un sostegno politico, economico, militare. Lo stesso sostegno che già viene offerto alla prossima annunciata invasione di terra. Lo stesso sostegno di cui Israele ha goduto nei 75 anni di occupazione della Palestina con numerose risoluzioni dell’ONU mai rispettate. Lenin aveva ragione quando definiva la Società delle Nazioni (padre dell’odierna ONU)  “un covo di briganti”.

Lo Stato d’Israele non si tocca”. Questa è la sintesi della diplomazia mondiale, ma anche della pubblica informazione. Noi abbiamo denunciato da sempre la natura reazionaria di Hamas e le sue azioni contro i civili. Ma un conto è criticare Hamas dentro il campo della resistenza palestinese, un altro è usare cinicamente l’azione di Hamas per coprire i crimini del sionismo contro i palestinesi e la loro resistenza. L’assimilazione di antisionismo e antisemitismo è assunta come clava nel dibattito pubblico, come forma di intimidazione verso il sostegno alla Palestina, come scudo protettivo dei crimini d’Israele è un metodo oltre che falso sbagliato.

La verità è che ogni soluzione della questione palestinese passa per il diritto al ritorno.

E ogni diritto al ritorno mette in discussione l'esistenza dell'attuale Stato d'Israele. Non degli ebrei naturalmente, ma dello Stato sionista. Di uno Stato coloniale nato dall'espulsione di un altro popolo.

Solo una Palestina libera dal sionismo, una Palestina laica, una Palestina socialista, può realizzare l'autodeterminazione del popolo palestinese, riconoscendo i diritti nazionali della minoranza ebraica. Solo una simile soluzione consentirebbe la pacifica convivenza di arabi ed ebrei.

Qui vi è un aggredito Palestina e un aggressore lo stato d’Israele, stessa cosa vale per la Russia imperialista di Putin con l’Ucraina, diritto di resistenza dell’Ucraina senza nessun sostegno politico al suo governo

IL PCL è contro la guerra ma riconosce come è nella storia e tradizione del marxismo di rivoluzionario il diritto di autodeterminazione.

 

Partito Comunista dei Lavoratori

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20 novembre 2023

Perché Izquierda Socialista ha ragione

Il prossimo 19 novembre il popolo argentino si troverà a scegliere la guida politica del Paese. I candidati al ballottaggio sono due ed entrambi rappresentanti del capitale finanziario, ma con una declinazione politica diversa, sensibilmente diversa. Da una parte abbiamo un rappresentante del finto progressismo che potremmo definire di centrosinistra, sostenuto dalla burocrazia sindacale, Sergio Massa, e dall’altro il rappresentante dell’ultradestra, Milei, che già ha dichiarato di smantellare i pochi diritti del mondo del lavoro, rivendicando in più il genocidio della dittatura militare con l'obiettivo di liberare i soldati giudicati per le drammatiche violazioni dei diritti umani.
Questo individuo non deve raggiungere il potere.

Le organizzazioni del FIT-U – ovvero il fronte rivoluzionario delle forze trotskiste – hanno espresso pareri discordanti in merito a questa votazione. IL PTS non ha smentito, non ha perso tempo, la sua natura settaria e opportunista scrivendo un comunicato ai più incomprensibile ove in sostanza non si lancia un appello a fermare la destra reazionaria, così come in modo similare il MST, mentre il PO ha assunto, mi verrebbe da dire come è sua prassi, una posizione del tutto “sballata” invitando l’elettorato ad una astensione attiva. Unica organizzazione che ha mostrato comprensione per il metodo marxista rivoluzionario è stata Izquierda Socialista, che ha spiegato bene, in un suo proprio comunicato, perché è opportuno criticamente votare per Massa contro l’ultradestra reazionaria.

Questa situazione, un po’ come il centralismo democratico, svela la vera natura delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie. Qualcuno può obiettare che è semplicemente un aspetto tattico, ci dicono che “non possiamo fare la lastra alle organizzazioni in base al loro rapporto con le elezioni”. In realtà questo aspetto tattico racchiude un metodo politico, e sul metodo spesso nascono le differenze tra i movimenti trotskisti.

Storicamente le organizzazioni marxiste rivoluzionarie, salvo in rari contesti sociali, hanno utilizzato le elezioni borghesi come una sorta di megafono per le proprie idee. Nel 1919 Lenin in una Lettera agli operai d’Europa e d’America, Lenin scriveva: «Il parlamento borghese, sia pure il più democratico della repubblica più democratica in cui si conservi la proprietà dei capitalisti e il loro potere, è una macchina che serve a un pugno di sfruttatori per schiacciare milioni di lavoratori. I socialisti, che lottano per liberare i lavoratori dallo sfruttamento, hanno dovuto servirsi dei parlamenti borghesi come tribuna, come una delle basi per la propaganda, per l’agitazione, per l’organizzazione, finché la nostra lotta era racchiusa nei limiti del regime borghese.»

Sempre Lenin:

«i comunisti, [...] denunciano e rivelano agli operai e alle masse lavoratrici la pura e semplice verità: di fatto, la repubblica democratica, l'Assemblea costituente, il suffragio universale, ecc. sono la dittatura della borghesia, e per emancipare il lavoro dall'oppressione del capitale non c'è altra via che la sostituzione di questa dittatura con la dittatura del proletariato. Solo la dittatura del proletariato può emancipare l'umanità dall'oppressione del capitale, dalla menzogna, dalla falsità, dall'ipocrisia della democrazia borghese, che è la democrazia per i ricchi, e instaurare la democrazia per i poveri, cioè rendere effettivamente accessibili agli operai e ai contadini poveri i benefici della democrazia, che restano oggi (pesino nella repubblica - borghese - più democratica) inaccessibili di fatto alla stragrande maggioranza dei lavoratori» (1).

Lenin e i bolscevichi non hanno mai visto nella giostra elettorale uno strumento utile per poter modificare i rapporti di forza e i rapporti di classe, ma sempre come necessario al fine di divulgare le posizioni dei marxisti rivoluzionari. Soprattutto, Lenin specificava anche la forma i cui i marxisti elettorali dovevano partecipare:

«i socialisti devono agire in modo indipendente nella lotta elettorale. Nelle elezioni di primo grado gli accordi sono ammissibili soltanto come eccezione, e per di più con quei partiti che pongono come parola d'ordine del momento la costituente popolare, la confisca di tutte le terre, la giornata lavorativa di otto ore, ecc» (2).

Lenin dunque delinea bene quali sono le basi per possibili accordi e differenzia, come logico sia, il “primo turno” dal “secondo”. I bolscevichi e i trotskisti successivamente hanno sempre avuto una visione complessiva della questione, ovvero nella stragrande maggioranza dei casi la scelta astensionista è una scelta poco dialettica e utile per la classe operaia, invece quella dell’appoggio critico (naturalmente se sviluppata attivamente, come Trotsky spiega in In difesa del marxismo, in merito alle elezioni in USA) può essere una sorta di ponte verso la classe operaia. Trotsky:

«C’è una campagna presidenziale. Se siete un partito indipendente, dovete avere una politica, una linea su questa campagna. Ho cercato di combinare le due cose in un periodo non decisivo, ma importante. Si tratta di rispondere ai sentimenti onesti dei militanti di base stalinisti e di raggiungere le masse nel momento delle elezioni. Se aveste un candidato indipendente sarei favorevole, ma dov’è? Quindi o vi astenete completamente dalla campagna per motivi tecnici oppure dovete scegliere tra Browder e Norman Thomas. Possiamo accettare l’astensione. Lo stato borghese ci toglie la possibilità di presentare i nostri candidati. Possiamo proclamare che tutti sono imbroglioni. Questo è una cosa, ma un’altra cosa è che i fatti confermino la nostra tesi. Dobbiamo adottare una politica negativa o una politica dinamica? Devo dire che durante la conversazione mi sono convinto ancora di più che dobbiamo seguire un corso dinamico.»

La Quarta Internazionale nel primo dopoguerra seguì la medesima tattica, invitando a votare al PCI spiegando attivamente le responsabilità della burocrazia stalinista ma sapendo al tempo stesso che un partito operaio avrebbe dato alle organizzazioni marxiste rivoluzionarie la possibilità di dialogare con la base delle organizzazioni operaie, così come fu nel referendum in Cile contro Pinochet nel 1988: nessuna fiducia per le istituzioni borghesi ma contro la reazionaria dittatura che avrebbe continuato a distruggere la classe operaia. Gli esempi sarebbero molti ma il punto non è semplicemente riconducibile ad un insieme di citazioni. Noi da marxisti rivoluzionari viviamo le elezioni come mera propagandare al fine di diffondere il programma rivoluzionario, una sorta di calamita per avvicinare la classe operaia alle rivendicazioni marxiste rivoluzionarie. I trotskisti devono avere un approccio dialettico rispetto all’elezioni, rifiutando le distorsioni bordighiste e neobordighiste (anarco, riformiste e bordighiste, come quelle di Lotta Comunista) che si saldano sull’astensionismo strategico. 

Eugenio Gemmo




Note 

(1) Lenin, Democrazia e Dittatura (1918)

(2) Lenin, La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi


 
 

Partito Comunista dei Lavoratori

pclavoratori.it

reggiocalabriapcl@gmail.com

17 novembre 2023

Da uno sciopero rituale a un vero sciopero generale! Per la difesa del diritto di sciopero

Stamattina, a piazza Italia, si è tenuto il presidio organizzato da CGIL e UIL contro le politiche del governo. Noi compagni del Partito Comunista dei Lavoratori eravamo presenti per portare il nostro sostegno al mondo del lavoro e ribadire la nostra posizione.

Il testo del volantino distribuito:

 

DA UNO SCIOPERO RITUALE

A UN VERO SCIOPERO GENERALE!

PER LA DIFESA DEL DIRITTO DI SCIOPERO

 

«Sciopero, sciopero generale!» era questo il grido di battaglia di lavoratori e lavoratrici emerso nella grande piazza di Roma del 7 Ottobre, quando la Cgil ha radunato circa 200˙000 persone come propedeutica a un’eventuale mobilitazione, preceduta a sua volta da una specie di referendum interno tra gli iscritti per validare la linea scelta da Landini.

Oggi è lo stesso diritto di sciopero ad essere messo in discussione. Dagli scranni del governo il ministro Salvini ha tuonato ed il garante a disposto che lo sciopero generale del 17 non è autorizzato.

Questo attacco cambia la natura della mobilitazione: oggi bisogna scioperare e scendere in piazza per difendere il diritto di sciopero

Non è difficile immaginare che quei lavoratori, con sciopero generale, non avessero in mente esattamente la mobilitazione rituale a cui la burocrazia Cgil ci ha ormai abituato. Da un paio d’anni è all’insegna dell’unità con la UIL, stante l’impossibilità di unire la Cisl persino per simili rituali.

La Cgil arriva a questo appuntamento senza un bilancio dell’analoga mobilitazione dell’anno scorso. Allora scioperammo il 12 Dicembre, dopo l’apertura di Landini al Governo Meloni “senza pregiudiziali”. Oggi la mobilitazione è anticipata di circa un mese. Come allora, la forza già non dirompente, per l’impostazione data dalle burocrazie sindacali, viene diluita ulteriormente dividendo lavoratrici e lavoratori: il 17 infatti sciopereranno le regioni del Centro, oltre a tutto il comparto del pubblico, dei trasporti e della conoscenza; il 20 sciopererà la Sicilia, il 24 il Nord, il 27 la Sardegna, infine il 1° Dicembre tutto il Sud chiuderà la mobilitazione.

Davvero poco per impensierire il Governo Meloni che infatti fa strame di salari e diritti nella legge di stabilità: i 41 anni di lavoro per la pensione sbandierati da Salvini, vengono rimandati con quota che da “100” o “101”, è già diventata “103” con relativo taglio dell’assegno del 15%; opzione donna diventa opzione sempre più vecchia da 60 a 61 anni, così come l’ape sociale allungata di 5 mesi. È davvero poco anche per lo scopo recondito delle burocrazie sindacali: riconquistare tavolo e riconoscimento dalla controparte.

“Non ci sono soldi” è la cantilena di Governo e giornali borghesi. Intendono per i lavoratori, perché per banche e padroni ce ne sono sempre di più, a cominciare dai 100 miliardi meno rischiosi che la borghesia incassa: quelli sul debito pubblico che lei ha creato per sostenere i suoi numerosi crack, scaricandoli sulle tasche dei salariati.

Ci sono poi 12 miliardi, da qui al 2032 (780 milioni nel 2024), per il famoso “Ponte sullo Stretto” che Salvini, per propaganda, vanta come acquisito ma che acquisito non è visto che nella legge finanziaria non è ben precisato dove andranno questi soldi. Ma in fondo che importa alla borghesia? Purché siano 12 miliardi di ponti d’oro che finiscano sempre tutti nelle sue tasche.

Non poteva mancare l’aiuto alla sanità privata, beneficiata di altri due miliardi. Tagliati invece i fondi ai disabili dopo aver già manomesso e ridimensionato il reddito di cittadinanza per “amore” degli immigrati da mandare allo sbaraglio e gratis nei campi di raccolta di pomodori eccetera.

Lo sciopero, rispetto all’anno scorso, arriva in un momento di rallentamento del capitalismo italiano. Dopo il rimbalzo post-covid, l’economia italiana ed europea torna, a livelli diversi, in sostanziale stagnazione. In molte imprese lo sciopero potrebbe essere salutato come un alleggerimento di costi. E tuttavia fuori dall’Italia, abbiamo visto grandi mobilitazioni, dalla Francia agli Usa negli stabilimenti dell’auto. Solo la Cgil, tra le grandi burocrazie sindacali, non ha mutato di una virgola la sua strategia. Inoltre, l’anno scorso, lo scenario di guerra, era concentrato sull’aggressione della Russia all’Ucraina, oggi abbiamo anche la vergogna dell’invasione di Gaza, ultimo scampolo di territorio palestinese non ancora occupato dai sionisti di Israele: la borghesia si sa, è contro le invasioni a seconda della bisogna. Insomma, motivazioni per scioperi ben più radicali di questo, Landini ne aveva a bizzeffe. Ma ha preferito comunque di correre il rischio che passi come una meteora come quello dell’anno scorso, bruciando così quel po’ di capitale di fiducia accumulato il 7 Ottobre.

 

Per noi questo sciopero deve essere impugnato dalla base dei lavoratori e delle lavoratrici, scavalcando il muro di una burocrazia che dimostra per l’ennesima volta di essere difficilmente riformabile. La lotta attualmente disarticolata, deve essere unificata e spinta a un livello superiore, proseguendo fino a piegare il governo. Quel governo che non si limita ad attaccare salari e pensioni ma vuole togliere a milioni di salariati il diritto a scioperare. È già successo varie volte nella storia del movimento operaio. E se in Francia recentemente hanno scavalcato le burocrazie, può succedere anche qui. Ci vuole una piattaforma adeguata, non delle generiche rivendicazioni come quelle espresse nel volantino di Cgil-Uil.

Una simile piattaforma può essere varata solo da un’assemblea di delegati che prenda in mano la situazione sulla base di rivendicazioni radicali e precise, adatte a ribaltare la situazione di profondo arretramento della classe lavoratrice:

Riduzione immediata a 30-32 ore di lavoro con aumento di almeno 400 euro per tutti; 12 euro minimo all’ora; eliminazione dell’indice ipca, una sorta di indice truffa che tiene conto solo di quel che vogliono i padroni, per il rinnovo dei contratti nazionali; unificazione dei contratti nazionali in un unico contratto dell’Industria, un unico contratto del pubblico e uno dei servizi; eliminazione di tutte leggi precarizzanti; eliminazione delle leggi anti-sciopero; controllo operaio sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza; apertura dei libri contabili, gli unici che possano certificare davvero i profitti (certamente più alti di quelli già stratosferici sbandierati, nonostante la recessione); patrimoniale del 10% sul 10% più ricco per finanziare sanità, scuola e servizi al collasso; soppressione delle spese militari imperialiste e dei debiti verso le banche per la nazionalizzazione del credito.

Una simile piattaforma va rivolta immediatamente al sindacalismo di base e a tutto l’arcipelago delle forze antagoniste, per un fronte unico più largo possibile, l’unico che possa opporre alla forza di governo e padroni, una forza eguale e contraria in grado di piegarli. Per sostenere una simile prova di forza, lunga e prolungata, vanno allestite, come una volta, casse di resistenza adatte allo scopo.

A chi ci dice che è utopia la nostra proposta, noi diciamo che è utopia sperare di ottenere qualcosa con scioperi così telefonati. È quello che la Storia recente non fa che riconfermarci. 
È vero però che la crisi senza fine in cui si sta avvitando il capitalismo, chiude ogni spazio ai riformisti di tutte le razze. Ma è un problema loro, non dei lavoratori. Se il capitalismo non è più nemmeno in grado di garantire le briciole ai salariati, perisca e governino i lavoratori
E possono farlo solo attraverso il loro partito rivoluzionario. Senza sono condannati alla sconfitta. È la prospettiva rivoluzionaria con cui oggi sosteniamo la mobilitazione. Non ti resta che unirti a noi se sei un’avanguardia: stai col nostro partito, il partito della rivoluzione socialista, l’unica in grado di cambiare davvero le cose.

Partito Comunista dei Lavoratori

pclavoratori.it

reggiocalabriapcl@gmail.com




















 

In ricordo di Pietro Tresso. A 80 anni dalla sua morte

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