20 novembre 2023

Perché Izquierda Socialista ha ragione

Il prossimo 19 novembre il popolo argentino si troverà a scegliere la guida politica del Paese. I candidati al ballottaggio sono due ed entrambi rappresentanti del capitale finanziario, ma con una declinazione politica diversa, sensibilmente diversa. Da una parte abbiamo un rappresentante del finto progressismo che potremmo definire di centrosinistra, sostenuto dalla burocrazia sindacale, Sergio Massa, e dall’altro il rappresentante dell’ultradestra, Milei, che già ha dichiarato di smantellare i pochi diritti del mondo del lavoro, rivendicando in più il genocidio della dittatura militare con l'obiettivo di liberare i soldati giudicati per le drammatiche violazioni dei diritti umani.
Questo individuo non deve raggiungere il potere.

Le organizzazioni del FIT-U – ovvero il fronte rivoluzionario delle forze trotskiste – hanno espresso pareri discordanti in merito a questa votazione. IL PTS non ha smentito, non ha perso tempo, la sua natura settaria e opportunista scrivendo un comunicato ai più incomprensibile ove in sostanza non si lancia un appello a fermare la destra reazionaria, così come in modo similare il MST, mentre il PO ha assunto, mi verrebbe da dire come è sua prassi, una posizione del tutto “sballata” invitando l’elettorato ad una astensione attiva. Unica organizzazione che ha mostrato comprensione per il metodo marxista rivoluzionario è stata Izquierda Socialista, che ha spiegato bene, in un suo proprio comunicato, perché è opportuno criticamente votare per Massa contro l’ultradestra reazionaria.

Questa situazione, un po’ come il centralismo democratico, svela la vera natura delle organizzazioni marxiste rivoluzionarie. Qualcuno può obiettare che è semplicemente un aspetto tattico, ci dicono che “non possiamo fare la lastra alle organizzazioni in base al loro rapporto con le elezioni”. In realtà questo aspetto tattico racchiude un metodo politico, e sul metodo spesso nascono le differenze tra i movimenti trotskisti.

Storicamente le organizzazioni marxiste rivoluzionarie, salvo in rari contesti sociali, hanno utilizzato le elezioni borghesi come una sorta di megafono per le proprie idee. Nel 1919 Lenin in una Lettera agli operai d’Europa e d’America, Lenin scriveva: «Il parlamento borghese, sia pure il più democratico della repubblica più democratica in cui si conservi la proprietà dei capitalisti e il loro potere, è una macchina che serve a un pugno di sfruttatori per schiacciare milioni di lavoratori. I socialisti, che lottano per liberare i lavoratori dallo sfruttamento, hanno dovuto servirsi dei parlamenti borghesi come tribuna, come una delle basi per la propaganda, per l’agitazione, per l’organizzazione, finché la nostra lotta era racchiusa nei limiti del regime borghese.»

Sempre Lenin:

«i comunisti, [...] denunciano e rivelano agli operai e alle masse lavoratrici la pura e semplice verità: di fatto, la repubblica democratica, l'Assemblea costituente, il suffragio universale, ecc. sono la dittatura della borghesia, e per emancipare il lavoro dall'oppressione del capitale non c'è altra via che la sostituzione di questa dittatura con la dittatura del proletariato. Solo la dittatura del proletariato può emancipare l'umanità dall'oppressione del capitale, dalla menzogna, dalla falsità, dall'ipocrisia della democrazia borghese, che è la democrazia per i ricchi, e instaurare la democrazia per i poveri, cioè rendere effettivamente accessibili agli operai e ai contadini poveri i benefici della democrazia, che restano oggi (pesino nella repubblica - borghese - più democratica) inaccessibili di fatto alla stragrande maggioranza dei lavoratori» (1).

Lenin e i bolscevichi non hanno mai visto nella giostra elettorale uno strumento utile per poter modificare i rapporti di forza e i rapporti di classe, ma sempre come necessario al fine di divulgare le posizioni dei marxisti rivoluzionari. Soprattutto, Lenin specificava anche la forma i cui i marxisti elettorali dovevano partecipare:

«i socialisti devono agire in modo indipendente nella lotta elettorale. Nelle elezioni di primo grado gli accordi sono ammissibili soltanto come eccezione, e per di più con quei partiti che pongono come parola d'ordine del momento la costituente popolare, la confisca di tutte le terre, la giornata lavorativa di otto ore, ecc» (2).

Lenin dunque delinea bene quali sono le basi per possibili accordi e differenzia, come logico sia, il “primo turno” dal “secondo”. I bolscevichi e i trotskisti successivamente hanno sempre avuto una visione complessiva della questione, ovvero nella stragrande maggioranza dei casi la scelta astensionista è una scelta poco dialettica e utile per la classe operaia, invece quella dell’appoggio critico (naturalmente se sviluppata attivamente, come Trotsky spiega in In difesa del marxismo, in merito alle elezioni in USA) può essere una sorta di ponte verso la classe operaia. Trotsky:

«C’è una campagna presidenziale. Se siete un partito indipendente, dovete avere una politica, una linea su questa campagna. Ho cercato di combinare le due cose in un periodo non decisivo, ma importante. Si tratta di rispondere ai sentimenti onesti dei militanti di base stalinisti e di raggiungere le masse nel momento delle elezioni. Se aveste un candidato indipendente sarei favorevole, ma dov’è? Quindi o vi astenete completamente dalla campagna per motivi tecnici oppure dovete scegliere tra Browder e Norman Thomas. Possiamo accettare l’astensione. Lo stato borghese ci toglie la possibilità di presentare i nostri candidati. Possiamo proclamare che tutti sono imbroglioni. Questo è una cosa, ma un’altra cosa è che i fatti confermino la nostra tesi. Dobbiamo adottare una politica negativa o una politica dinamica? Devo dire che durante la conversazione mi sono convinto ancora di più che dobbiamo seguire un corso dinamico.»

La Quarta Internazionale nel primo dopoguerra seguì la medesima tattica, invitando a votare al PCI spiegando attivamente le responsabilità della burocrazia stalinista ma sapendo al tempo stesso che un partito operaio avrebbe dato alle organizzazioni marxiste rivoluzionarie la possibilità di dialogare con la base delle organizzazioni operaie, così come fu nel referendum in Cile contro Pinochet nel 1988: nessuna fiducia per le istituzioni borghesi ma contro la reazionaria dittatura che avrebbe continuato a distruggere la classe operaia. Gli esempi sarebbero molti ma il punto non è semplicemente riconducibile ad un insieme di citazioni. Noi da marxisti rivoluzionari viviamo le elezioni come mera propagandare al fine di diffondere il programma rivoluzionario, una sorta di calamita per avvicinare la classe operaia alle rivendicazioni marxiste rivoluzionarie. I trotskisti devono avere un approccio dialettico rispetto all’elezioni, rifiutando le distorsioni bordighiste e neobordighiste (anarco, riformiste e bordighiste, come quelle di Lotta Comunista) che si saldano sull’astensionismo strategico. 

Eugenio Gemmo




Note 

(1) Lenin, Democrazia e Dittatura (1918)

(2) Lenin, La lotta elettorale a Pietroburgo e i menscevichi


 
 

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